I Giochi Olimpici sono indiscutibilmente uno degli eventi sportivi che riescono a catalizzare in un determinato lasso di tempo, e in un determinato territorio, l’attenzione mondiale. E allo stesso tempo una delle follie meno sostenibili che la macchina dello sport moderno abbia concepito, sia nella loro versione ufficiale che invernale.
Ospitare le Olimpiadi è diventato dunque un’occasione unica per la città che viene prescelta, di mettersi in mostra su un palcoscenico internazionale e generare profitti dal flusso turistico e dall’indotto relativo.Ospitare un evento come le Olimpiadi però necessità anche di ingenti investimenti e della creazione, nella quasi totalità dei casi, di strutture ad hoc ad esse dedicate.
Ma cosa succede dopo che gli eventi sono finiti, le medaglie sono stati distribuite, e la torcia si spegne? Cosa succede a una città dopo che i riflettori dei giochi olimpici si sono spenti?
A raccontarcelo è The Olympic City Project, viaggio fotografico tutt’ora in corso dei fotografi Jon Pack e Gary Hustwit. Il progetto esamina l’eredità dei Giochi Olimpici nelle ex città ospitanti in tutto il mondo.
Alcuni ex siti olimpici sono stati adattati ed utilizzati in modi che smentiscono le grandi aspettative per il dopo olimpiadi, delle amministrazioni che li hanno fatti costruire: trasformati in prigioni, alloggi, centri commerciali, palestre, chiese. Altri rimangon in balia del tempo inutilizzati per decenni, tragici esempi di pianificazione sbagliata e promesse non mantenute sui benefici che i Giochi avrebbero portato. Gli autori nel loro viaggio indagano anche la vita delle persone i cui quartieri sono stati trasformati dallo sviluppo Olimpico.
Le città fotografate sono Atene, Barcellona, Pechino, Berlino, Helsinki, Città del Messico, Mosca, Londra, Los Angeles, Montreal, Lake Placid, Roma e Sarajevo.
